Udinese, Eupalla esiste

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E non è per forza bergamasca.

Perché capisco tutto: il regolamento, il VAR, il colpo con la mano; le gare che finiscono quando arbitro dice e rigore che ‘è’ quando varista richiama alla tele.

Ma per l’Udinese una sconfitta, oggi, sarebbe stato davvero troppo.

I bianconeri pagano, al solito, l’incapacità a inquadrare lo specchio della porta; le azioni per portarla dalla propria parte le fa, in area ci arriva ma di veri miracoli il portiere avversario proprio non ne compie.

Detto ciò, quando al 97’ Petagna si è presentato sul dischetto davanti a Juan Musso, non proprio pararigori come Handanovic, ho pensato (dal mio letto d’influenza, trascinatami sopra l’Atlantico, via Londra fino a casa) che il calcio è ingiusto; che erano ingiuste le esultanze avversarie per la massima punizione ottenuta, dopo una gara fatta di gran corsa e tanti trucchetti ‘anni settanta’, tranello in cui casca il povero Massa (peggiore in campo) che tra difensori infortunati, il portiere svenuto e varie (legittime) perdite di tempo, indovina novanta secondi di tempo extra. Il solo Tomovic resta in terra oltre due minuti.

Ho pensato fosse ingiusta la punizione per Gotti, buon allenatore che forse sente ancora il peso delle otto gare a Trieste e non si vuole più esporre in prima persona se non durante periodi brevi; che si inventa Teodorczyk laterale con dovere di offendere per cercare di evitare le galoppate di Reca nel finale.

Ho pensato fosse eccessiva la condanna di una squadra dai limiti evidenti ma che non ha lesinato fiato, chilometri, impegno al netto di chiari limiti tecnici e talvolta tattici.

Ma Eupalla è dea capricciosa, sì, ma alla fine equanime. La S.P.A.L. tutto sommato si sarebbe portata a casa non immeritatamente il primo punticino esterno applicando un antologica muraglia di fronte alla sterilità fatta calcio dei bianconeri. Ma la vittoria, quella no. quella, proprio no.

Ma…

Musso lo para.

Musso lo para.

Musso lo para!

Juan Musso da San Nicolàs i rigori non li aveva nemmeno mai capiti; si è affidato a Sergione Marcon, secondo portiere dell’era Galeone (ultima stagione di cadetteria) e Alex Brunner per cercare di incrementare la sua performance a cronometro ‘fermo’.

Musso lo para. E lo para bene: Petagna non tira scandalosamente, Juan si butta alla sua destra e respinge. Marino e Gotti si lamentano sul seguente contropiede fermato dal direttore di gara (peggiore in campo) ma onestamente non lo abbiamo visto. Né lo ha seguito la regia, ormai modernamente protesa a farci scorgere snaricciamenti, sputi, mamme in tribuna, birre bevute e tabelloni ‘a sfumare’. Il calcio, quello che si gioca, interessa sempre a meno utenti, evidentemente. Oppure i registi delle televisioni a pagamento dovrebbero tornare a dirigere videoclip musicali.

Musso lo para e fa giustizia. Delle esultanze improvvide, di alcune sceneggiate (che non condanno!), di una gara che l’Udinese poteva e doveva vincere, ma ha rischiato di perdere.

Dice, il tecnico ospite, che i due infortuni gravi subìti gli stanno inficiando la stagione. In effetti con Di Francesco sarebbero anche stati tre, ma quel che ho visto offrire dalla sua formazione potrà andare bene una, due volte: arrivare a quaranta punti sperando nella mano di Sema al 94’ ogni domenica è pensiero ardito. Certo la partenza di Lazzari vale una quindicina di punti.

Detto del portiere, autentica superstar della giornata, nota di merito per una difesa che è parsa praticamente impeccabile; per Mato Jajalo, lento ma inesorabile metronomo di centrocampo; per gli sforzi di Ken Sema, che mette in mezzo una quindicina di cross, alcuni molto belli, che un Okaka in giornata (oggi non lo era e salterà la prossima partita per squalifica) avrebbe meglio capitalizzato.

Confusionario Nestorovski, generoso ma spesso poco lucido; quel palo, forse, avrebbe potuto cambiargli la giornata se trasformato.

Generoso anche Lasagna: da subentrato però ha un’occasione a centroarea e cicca la palla. Peccato.

Ancora lontano dai suoi livelli Larsen Stryger, che dalla sua parte non emula il congolese di Svezia; a corrente alternata il neoazzurro Mandragora, sciagurato in zona-gol. Fofana, poi, pare nemmeno il fratello scarso del fratello un po’ meno scarso del giocatore splendor di qualche stagione fa.

E Rodrigo?

Faccio fatica a giudicarlo. Corre, si sbatte, offre qualche palla al bacio: ma gare come queste le devono decidere i giocatori migliori. Come lui.

Anche oggi parte da molto lontano, abbassandosi all’altezza di Jajalo a prendere palla; il difetto dell’Udinese è la scarsa velocità nel girare l’azione difensiva in offensiva, cosa che a Mato non si può chiedere. Dovrebbe essere lui a mettersi lì, largo o più centrale a ridosso delle punte, a prendere la difesa avversaria in ‘contropiede’ concedendo ai compagni d’attacco occasioni più nitide.

Ho sempre adorato De Paul, continuerò: come continuo a chiedermi se sia un buon giocatore, un ottimo calciatore o un campione che sta sbocciando.

Peggiore in campo l’arbitro. Simbolo della sua ennesima mediocre gara l’ammonizione a Thiago Cionek, che prima subisce fallo da Lasagna, poi lo carica e si prende la sanzione. O lo stop ventrale di Nestorovski rubricato a fallo di mano.

Non ho nulla contro quest’omino in rosso, cui concedo la giustificazione di un regolamento sempre più ramificato (con la differenza che in passato c’erano delle situazioni dubbie, oggi lo sono praticamente tutte) che deve studiarsi; la pareggio con l’assunto, ripetuto oggi da un suo ex collega alla televisione societaria, che tanto decide l’arbitro e gli altri zitti. Amen.

A proposito: il rigore di Sema non è scandaloso. Secondo l’ex arbitro di cui sopra è stato concesso secondo regolamento. Deve allora discutere con il dott. Ing. Rizzoli che ha affermato, tre settimane fa a seguito delle polemiche post-Juventus-Bologna (mani di De Ligt non sanzionato) che non si deve solo applicare l’articolo 12 del regolamento (mano verso la palla o palla verso l’arto), ma considerare, cito testualmente, ‘l’attitudine del giocatore difendente’. Il movimento di Sema è punibile secondo regolamento, non se le parole del capo degli arbitri hanno un senso dato che allunga il braccio non cercando la palla, ma l’equilibrio mentre protende la testa verso Cionek.

Ma chissene: Musso lo para.

 

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Chirurgica Udinese, piccolo Toro

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La legittimità della vittoria bianconera viene asseverata dalla sala stampa; un intristito allenatore ospite sostiene più o meno come la sua squadra ‘non avrebbe dovuto prendere gol nel primo tempo, perché poi nella ripresa coi cambi freschi si poteva vincerla’. Edmeo Lugaresi, compianto presidentissimo cesenate, rivendica la paternità della frase: un amico mi ha scritto che sarebbe potuto andare peggio: qualora avesse detto di aver ‘preparato la gara pronti alla pioggia. Poi abbiamo trovato il sole…’

Peggio invece fa quando sostiene la legittimità del pareggio. Lo conosciamo, non riesce più a provocarci grandi emozioni.

Sa, l’allenatore del Torino, che la sua squadra con una, due, tre, quattro punte non è mai stata pericolosa se non su un paio di mischie in area ed un tiro da (molto) fuori deviato da Ekong; che la sua difesa, poco sicuri N’Koulou e soprattutto Lyanco, si è dovuta affidare a tre prodigi di Sirigu, portiere più in forma del momento e giocatore di spessore, classe e campione di modestia. Che Juan Musso oggi ha versato un euro per il biglietto della gara cui ha assistito.

Sa, il suddetto, che giocare con Belotti che riceve zero palloni significa, per un difensivista come lui, perderne tante piuttosto che poche.

Devo essere onesto: mi sarei aspettato molto di più dall’avversaria. Penso però che questa squadra è stata fatta fuori dall’Europa League, conquistata dopo aver perso 1-4 a Empoli solo per la forzata rinuncia dei rossoneri, non da un Arsenal o da uno Sporting Lisbona, ma dal Wolverhampton (2-5 nell’aggregato, senza repliche). Che quest’anno ha concesso bottino pieno a Lecce, Parma ed oggi Udinese; che giocando così l’Europa, anche quella piccola piccola, a Torino-sponda granata la vedranno col binocolo.

Anche perché oggi il ‘Gallo’ (ma di certo lo sapeva) ha dovuto sbattere la cresta contro una difesa impenetrabile, a tratti anche elegante nelle uscite, dove tutti giocano benissimo. Perfino Ansaldi, nervosissimo, è stato limitato prima da Sema, poi da Hidde ter Avest ed infine dal giocatore che a suo tempo giudicai inadatto alla serie A, ma che mi sta tappando la bocca grazie a crescita esponenziale ed eclettismo straordinario; Nicholas Opoku oggi ha sbagliato zero palle da terzo di difesa ed anche meno (perdonate il paradosso) da laterale, dove ha costretto il suddetto argentino a girare parecchio al largo.

Detto della difesa (ottimo Samir, buono Ekong, Becao entra e prende subito il ritmo), temevo i duelli in mezzo al campo; oggi Baselli e Rincon sono stati sovrastati da Mato Jajalo e Mandragora, sempre positivo a fianco del cervello bosniaco. Di Laxalt dico solo che vive ancora di una stagione al Genoa e susseguente campionato mondiale; di Verdi nemmeno questo. 25 milioni valgono ancora solo un enorme punto di domanda.

L’Udinese merita la vittoria: perché, al contrario di quel che dice l’allenatore che fu al Napoli, gioca meglio dell’avversaria. Lo fa gestendo la fase di non possesso con tranquillità, perché non è affatto vero che chi vince i tornei di possesso palla gioca meglio; specie se la sfera viene ruminata inutilmente a sessanta metri dalla porta. Gioca meglio e merita la vittoria, perché dimostra che gli ‘uno contro uno’ di cui si nutrono le trasmissioni pre-gara sono esercizi stilistici sterili; la merita, non disunendosi quando Okaka la potrebbe portare a casa dopo soli cento secondi ma si smarrisce a due passi dalla porta vuota, seguendo il tiro di Sema spentosi sul palo alla sinistra di Sirigu. Si rifarà, Stefano, riprendendosi dopo venti minuti di smarrimento e tenendo sempre in ambasce la difesa avversaria, assieme ad un Lasagna pugnace che oggi merita l’applauso del Friuli, pieno grazie alle iniziative dell’AUC.

L’Udinese è chirurgica ma deve imparare a sfruttare meglio gli sbilanciamenti avversari. Oggi il Torino ha perso una decina di palloni sanguinosi (non due, come affermato dall’ex-trainer del Watford) ma nessuno si è tramutato in rete. Sono certo, certissimo che sia più facile sistemare il mirino che le lacune difensive (Udinese miglior difesa del campionato), ma bisogna farlo in fretta.

Piccolo Torino? Forse. Ma un’Udinese così dominante e strapotente dal punto di vista fisico, a questo punto dell’anno, fatico a ricordarla dopo l’epoca Zaccheroni. Vittoria doppiamente meritata anche per il mancato accoglimento della severissima giornata di squalifica a Igor Tudor. Seguendo il metro del giudice sportivo, Frustalupi e il suo primo in comando avrebbero dovuto saltare una gara. Invece l’Udinese continua, dopo il caso De Paul, a far giurisprudenza solo per sé stessa. E non mi meraviglia: continuo a leggere pagine di giornali sportivi colme di elogi per squadre mediocri e peana verso ‘maestri di calcio’ solo a parole.

Sono onesto fino in fondo: questi granata non fanno onore alla maglia che indossano. La stessa degli eroi di Superga e dei gemelli del gol, del Poeta e del povero Meroni. Credo che i tifosi torinisti, che anche oggi hanno cantato fino all’ultimo secondo per i propri colori, meriterebbero molto, moltissimo di più.

Quello che, oggi, ottiene la tifoseria bianconera. Calda, vicina ai propri colori, in gare come queste, nelle quali i giocatori mostrano, finalmente!, un atteggiamento ed un attaccamento adeguati, devono essere pietre d’angolo nel processo di crescita. Verso un approdo tranquillo, niente di più.

Un piccolo sassolino, minuscolo: tengo all’Italia, da cui mi sono allontanato per una sola gara tanti anni fa riavvicinandomici immediatamente. Ma vedere l’esultanza del centravanti della squadra dopo una rete all’ultimo minuto della gara di Vaduz mi ha lasciato con l’amaro in bocca. Il Liechtenstein ha giocatori che fanno fatica ad entrare nei roster della serie C svizzera; sono meccanici, postelegrafonici, elettricisti che contro l’Italia hanno dato tutto, finendo senza fiato gli ultimi venti minuti. Ecco: la risposta non la fornisco io ma la gara di oggi: far la cresta a Hofer e Rechsteiner è diverso dall’aver di fronte Ekong e Opoku, sbattendovi contro con triste costanza.

Ultimissimo cantino per il direttore di gara. È parso in gran forma, correndo bene per tutti i 94 minuti. Ecco: i pregi del signor Abisso, arbitro disastroso (e noi lo sapevamo), finiscono qui.

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Roseto sbancata: OWW, Buona la prima

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Inizio col saluto a Davide Micalich: ti ricorderemo così. Scherzi a parte, i suoi boys gli hanno alla fine fatto un bel regalo

Mettiamola così: Udine concede a Roseto, per propri demeriti ed entusiasmo giovanile avversario, dodici minuti e quindici punti di vantaggio. Di lì in poi, specie da quando ‘l’osel vecio de cheba’ Ramagli li mette a zona 2-3, Udine conquista 30 punti di vantaggio e arrivederci bellissima perla degli Abruzzi.

All’inizio l’OWW pare contratta, imprecisa, disattenta; difende male, lasci spazio alle triple avversarie (7/9 nel primo quarto) tanto che Bayehe pare un giocatore da Eurolega. Poi si mette in linea, riempie di falli gli avversari (arbitri fiscalissimi, 47 irregolarità fischiate sono tantissime) ma soprattutto inizia a bombardare la retina avversaria come rango e qualità impone.

Riesce, coach Ale, a tenere serrate le fila quando Udine non ne segna una; quando, tre volte è successo, gli avversari buttano la palla verso il canestro avversario realizzando; quando alcuni tiri scoccati da Chieti entrano imperterriti. Riesce: merito però ai giocatori esperti della squadra, i vari Zilli, Antonutti, Fabi e soprattutto Andy Amato. Il parziale che riduce lo svantaggio da quindici a quattro punti è l’antipasto; la gara punta a punta, stile canottaggio, la portata intermedia; la spallata decisiva fra terzo e quarto periodo il dolce che porta Udine a chiudere in surplace, senza forzare negli ultimi quattro giri di orologio.

I dettagli la fanno da padrone, ma anche i numeri: la valutazione passa dal 10-32 del 10’ a 102-60 allo scadere; i rimbalzi, negli stessi intervalli, passano da 7-18 a 35 pari; OWW chiude con sei uomini in doppia cifra, con un 50% da tre (Roseto scende al 30% finale, dopo che le sue bocche da fuoco spadellano senza remissione) ma soprattutto con solo un libero sbagliato su 22 tentati, balsamico per chi come noi ha visto sciagure passate a cronometro arrestato. Roseto, per dire, fa 13/27 con Mouaha che viaggia con un 1/7 da tabellone di ferro fuori, in cortile al lunedì pomeriggio.

Fra i rosetani bella gara di Bayehe, specie all’inizio (11 punti nel primo quarto) che prende sei rimbalzi offensivi (qui Udine deve lavorare, e tanto, dopo aver rivisto gli errori commessi contro Derthona); buoni Canka, De Fabritiis, Nikolic apparsi però poco più che gregari. Nessuna impressione ci ha lasciato Lattin, che pare ancora americano dimenticabile.

Udine? Amato e Antonutti MVP; ma Fabi (13 punti con 3/5 dall’arco) e soprattutto il rush di Jack Zilli li valgono, eccome. Cromer a due facce, timido all’inizio e sontuoso nella ripresa (al netto di una violazione di passi causata dalla mancanza di un pass in transizione che pareva comodo). Gerald Beverly, pur limitato dai falli, dimostra di essere un lusso che ci possiamo permettere; schiaccia quattro volte, in un’occasione Pierich si lamenta e questo dimostra quanto frustrato potesse essere il bucaniere isontino.

Cortese ancora non è lui, ma la tripla allo scadere del terzo periodo è la mannaia che getta Roseto nella disperazione. Lo aspettiamo, come Penna (spero) pronto al rientro domenica prossima.

Quando al vernissage del Carnera, all’ora dell’orzotto con la salsiccia, arriva la corazzata Verona. Ci vorrà qualcosa in più per aggiudicarsi i due punti: Udine, però, al netto di un inizio-horror ha dimostrato di essere squadra. Temo di non andare lontano dalla verità nel dire che il gruppo dell’anno scorso si sarebbe purtroppo lasciato andare. Cosa, peraltro, che successe proprio a Roseto, la stagione scorsa.

 

Un’ultima cosa: chi mi legge sa che con Roseto ci sono stati dei ‘malintesi’, anni fa. Oggi però mi sento di dire che il pubblico rosetano, e lascio fuori quelli che augurano il male, non merita una squadra che rimane a Roseto sei giorni al mese (venerdì-domenica dei weekend giocati in casa; il resto del tempo a Roma). Posso capire la carenza di fondi, ma questa formula, la liaison con la Stella Azzurra, va bene fino a quando non penalizza chi ai biancazzurri ci tiene.

Mi direte ‘è il basket moderno, baby’: sarà, ma vedere un palazzetto semivuoto mi piace poco. Molto poco.

 

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Udinese: a Firenze va così

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Specie se si tira in porta una volta a gara.

Già: Tudor l’aveva indovinata, intasando gli spazi e bloccando Ribery e Chiesa, costretti a girare al largo e incidere pochissimo.

Giocare la gara perfetta, però, è impossibile: graziati proprio da Chiesa dopo l’errore di Ekong (Musso al solito impeccabile), vengono condannati da una capocciata serba e soprattutto dalla nefandezza di chi lascia uscire a fondocampo una palla colpita da un bianconero, regalando il corner.

È vero che le squadre si costruiscono iniziando dalle fondamenta, intesa come una difesa solida: ma se in attacco (pur schierando contemporaneamente due punte e De Paul) si arriva in porta così di rado, segnare è quasi impossibile se si è anche poco fortunati, anzi precisi (Lasagna vede sì vanificato il tentativo dal portiere avversario, ma avrebbe potuto angolare ancora di più il tiro).

Mi chiedevo, una settimana fa, quale fosse l’Udinese: oggi non ha fatto male, di fronte ad una delle squadre più in forma del campionato. Ma la serie A chiede un passo in più a chi vuole elevarsi dalle pastoie del triste fondoclassifica, dove sguazzano oggi le due altrettanto poco felici genovesi in procinto di cambiare conduzione tecnica. Quasi in campo ci andassero loro.

Igor Tudor ha avuto risposte, oggi, dai suoi: da Opoku che tiene botta, e bene, su un cliente difficile come Ribery; altrettanto da Samir che fatica un po’ di più dalla parte opposta. Da Ken Sema, aitante ed in crescita; meno da Stryger Larsen, spesso impreciso e poco determinante.

Non ha avuto risposta, e lo ha affermato rispondendo ad un collega fiorentino, da Rodrigo De Paul che ha fatto tanta fatica, oggi, quasi sentisse il peso di giocare contro una formazione per lui non indifferente. Se per noi il caso è chiuso da settimane, forse nella sua testa non è così: fossi in lui, darei un’occhiata a quanti minuti ha giocato, ad esempio oggi, il suo ‘sostituto’ Ghezzal. Fatto sta che oggi la squadra ha patito la sua poca vena, il suo ossessivo rallentare il gioco, in particolare l’imprecisione nel passaggio decisivo. Ha anche una buona palla in area, ma il suo diagonale fa il solletico al portiere avversario.

Questo porta inevitabilmente ad avere le due punte del tutto isolate, vista anche la giornata poco felice di Mandragora. E i poveri Okaka e Nesto, privi di rifornimenti, hanno fatto tantissima fatica a mettere in difficoltà la difesa avversaria, apparsa non invalicabile; Pezzella e Milenkovic hanno spesso accettato la parità numerica sulle poche folate friulane, rischiando la loro parte pur in presenza di un’avversaria con poco piglio offensivo. Sull’occasione avuta, ad esempio, Lasagna passa tra uno dei due centrali e il laterale sinistro che non stringe: contro avversarie di maggior levatura potrebbe non essere sempre domenica.

Adesso pausa, e non ci voleva. Poi arriva Mazzarri col suo Torino: squadra difficilissima da affrontare, formazione dallo spirito indomito e qualità superiore, anch’essa, a quella udinese. Ci vorrà un’edizione diversa da quella odierna. Squadra che deve affiancare una fase offensiva decente ad una difensiva che discreta lo è già.

Un paio di annotazioni: ho sentito i fiorentini lamentarsi del debuttante al fischietto per non avere concesso un vantaggio sul contropiede, ovviamente loro: non ha fatto disastri, ma si guadagnerà la mia stima quando sventolerà con piglio il cartellino rosso a Conte e agli altri allenatori ‘focosi’ anziché a quello dell’Udinese. Per dire, anche quello di casa oggi ha protestato spesso piede-sulla-linea, meritandosi nemmeno un buffetto. Nessun grosso problema, comunque.

L’ultima: di solito guardo le gare bianconere in trasferta su una rete americana, dato che qualcosina d’inglese mastico. Oggi mi sono avventurato sull’apposita rete italiana, mai aspettandomi di cascare su Violachannel.

Esigo rispetto: quello che si deve alle squadre che ai commentatori piacciono di meno. Quello che si deve a tutte le squadre, anche quelle che hanno giocatori meno forti. Perché?

Perché Franck Ribery piace a tutti noi, ma oggi non ha giocato da migliore in campo ma da sei di stima.

Perché su Sema il rigore non ci stava, ma il commentatore tecnico (figura del tutto inutile, anzi utile a riempire di parole inutili utilissimi silenzi) non può dire ‘Dalbert non lo vede, poi lo vede e va di spalla regolare’ quando tutti hanno visto che lo ha leggermente spinto.

Perché sentire ‘mi piacerebbe l’Udinese avanzasse il baricentro così darebbe più spazio a Chiesa e Ribery e vedremmo una gara più bella’.

Perché anche ce ne fosse uno, a Udine, che paga quel fottuto abbonamento (e non ve n’è solo uno) avrebbe diritto a sentire una, una!, parola sulla propria squadra.

Perché io seguo l’Udinese, formazione della mia città: e della Viola, con rispetto per Astori e Antognoni ma non per chi insulta i colleghi e sfotte i bianconeri perché ce l’hanno con quelli torinesi, a me interessa molto poco.

Sono parole al vento: è così facile prendere le parti di chi si giudica più ‘importante’, magari per la propria carriera: ma dire che l’arbitro sventola il rosso perché ‘quando non si ha l’autorità per farsi sentire si caccia via, così gli allenatori capiscono’ significa commettere tre errori: dare un pessimo servizio a chi ascolta; ammantare l’arbitro di incapacità (cosa che a me, oggi, il salentin-felsineo non pareva meritare); confondere autorità con autoritarismo.

Cambierà nulla. Specie se l’Udinese, dal venti ottobre in poi, non tirerà di più in porta. Perché oltre alle mie, si perderanno nel vento le parole di commentatori modesti e di ex-giocatori. Dei primi ci dimenticheremo. Dei secondi, purtroppo, pure.

 

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Antonutti: domenica la prova del nove

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In vista della gara di domenica prossima al Palamaggetti contro Roseto, abbiamo sentito il Cigno di Colloredo, al secolo Michele Antonutti, uno dei giocatori simbolo della rinnovata A.P.U. di coach Alessandro Ramagli.

Allora Miki, come state?

Veniamo da una settimana di allenamento dura, dove abbiamo finalmente avuto modo di lavorare senza dover preparare partite infrasettimanali. La Supercoppa è una manifestazione affascinante ma toglie tempo al lavoro in palestra.

Roseto è una squadra difficilmente inquadrabile…

Vero: la struttura societaria in collaborazione con la Stella Azzurra di Roma rende il roster liquido. Non dobbiamo farci trarre in inganno dall’età verde di tanti giocatori: sono giovani di valore, giocano con tanta intensità con la supervisione di Simone Pierich, uomo esperto e giocatore che ogni allenatore vorrebbe avere.

Il campo poi è storicamente caldissimo

Sì: io ho avuto delle difficoltà in passato, ma nessun problema. Sono cose che scivolano via.

Difficile fare previsioni

Abbiamo qualche acciaccato, ma alla fine giocheremo la nostra partita. Il gruppo sta crescendo bene, abbiamo bisogno di verificare in campionato, oltre la Supercoppa, il nostro livello.

Inizio subito difficile: Verona alla seconda di campionato

Sai già che Verona non molla, per intensità e qualità di gioco. Magari la partita arriva un po’ troppo presto.

Alle 12. Come si prepara questo orario inusuale?

Complicazione in più: la settimana che precede la gara deve essere prodromica alla gara; dobbiamo modificare l’alimentazione, variare un bioritmo che prevederebbe per noi di essere al top sei ore più tardi. Ma il basket moderno è così. L’anno scorso a Treviso delle prime 15 gare ne ho giocate sei all’ora di pranzo.

Tornando brevemente alla Supercoppa, mi sembra che l’antica teoria del girone Est superiore all’Ovest si stia sfaldando

Prima di giocarci pensavo anch’io fosse il girone orientale quello forte. L’anno scorso però ho toccato con mano l’equilibrio, l’intensità di un campionato con tante squadre ‘vicine di casa’, tanti derby e tante gare punto a punto. E infatti quest’anno del nostro girone al Palalido c’eravamo solo noi…

Questa rinnovata formula di campionato?

Trovo controproducente cambiarla ogni anno come si sta facendo. Questo allontana gli appassionati dal basket: prova a chiedere all’intero Carnera quanti conoscono bene come funziona la stagione regolare, la fase ad orologio eccetera e vedrai che non tutti sono aggiornati. Ci sono meno squadre e forse si è pensato di giocare più gare in questa maniera, ma forse non si è azzeccata la formula giusta. Vedremo.

Campionato sempre e comunque difficile

L’A2 è diversissima dalla A1: non è affatto cosa certa che chi scende di categoria possa fare bello e cattivo tempo. Nella nostra lega c’è un sacco di intensità, di scontri fisici, magari meno tecnica dell’A1 ma nemmeno è sempre così. Pensa a Ciccio Pellegrino: per quel che sa fare sarà di sicuro più protagonista in massima serie che in quella inferiore. In generale un cestista che viene giù a giocarsi l’A2 deve capire in fretta come muoversi.

Gerald Beverly pare aver capito

Gerald è un ragazzo straordinario; fisicamente non si discute, lo stiamo aiutando per migliorare alcuni aspetti tecnici che ancora mostrano lacune. Se ci ascolta, e ti posso assicurare che lavora e si applica accettando i nostri consigli, diventerà un gran centro per la categoria.

Due parole sulla Nazionale

Ormai il gruppo può dare questo, mi sembra chiaro. Comunque non è vero che non ci siano giovani talenti. È vero invece che ci sono sempre meno occasioni per avvicinare i giovanissimi al nostro sport, ad iniziare dai programmi scolastici e soprattutto dagli impianti. Guarda l’esempio di Spagna e soprattutto Slovenia e capisci che tutto parte dal numero di campi dove i ragazzini possono giocare, e da una seria programmazione che permetta ai talenti veri di esprimersi. Torno alla Slovenia, ed hai visto i nostri avversari la settimana scorsa a Cividale: tutti gli sloveni giocano bene al basket. Poi qualcuno diventa più bravo, ma tecnicamente hanno la possibilità di crescere e migliorarsi.

Ultima domanda: quando una squadra italiana sarà di nuovo protagonista in Eurolega?

Difficile. Tutti parlano di Milano e dei soldi investiti, senza pensare che per vincere in Europa servono 50 milioni e Armani ne investe poco più della metà. Anche le squadre turche di vertice spendono più di 40 milioni e questo conta. Conta moltissimo. Buono per Milano aver preso Ettore Messina: ma la tifoseria deve essere cosciente che Ettore cresce gradualmente nel processo di conoscenza della squadra, e i mugugni dopo la sconfitta contro Brescia non ci stanno.

Grazie Michele. L’amore per il nostro sport fatta persona.

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Bologna K.O.: Udinese, quale sei?

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Va bene: il secondo giallo a Samir c’era. Però…

Però questo non basta a giustificare una differenza che inverte, nettamente, i valori teorici.

Non vi è (era?) paragone tra il valore del calciomercato bolognese e quello bianchenero, da gennaio in qua; classe, voglia di giocare, lo stimolo di un Mihajlovic che riesce a trasmettere ancora più energia pur dal suo letto di (temporaneo) dolore come patrimonio felsineo; il solito mercato last minute alle nostre latitudini.

Invece oggi la partita dice altro: un Bieffecì schierato coi soliti quattro giocatori davanti appare lezioso, inconcludente, presuntuoso quasi la rete dovesse giungere per intervento divio.

Invece oggi la partita dice altro: l’Udinese è la sorella più intelligente del mostro visto al Bentegodi: pressa, intasa gli spazi, in difesa non ne sbaglia una (Becao migliore dei tre) e sulle fasce lascia pochissimo spazio alle folate avversarie, al netto di un paio di iniziative di Skov Olsen. E davanti capitalizza, come mai era successo.

In una gara del genere tutti, tutti!, i giocatori dell’Udinese meritano un voto positivo; tutti, tutti!, i giocatori bianchineri hanno svolto nella migliore maniera il proprio dovere.

La difesa, come detto, ha tenuto botta ad un attacco il quale, secondo me, può sedere a pieno diritto al tavolo dei migliori della categoria; alla fine Musso deve respingere di pugno una punizione, andare in presa scenografica su un colpo di testa (indirizzato fuori) e poi più. Tiri in porta seri: zero. Anche quando i bolognesi schieravano tante punte, sicuramente più delle idee di un centrocampo lento e prevedibile. Becao, Ekong e Samir giocano bene e spesso controllano sigaretta-in-bocca i tanti cross avversari.

È in mezzo al campo, però, che l’Udinese vince la partita: Fofana commette tanti errori, ma impedisce a Soriano e Sansone di giocare liberi e puliti; Jajalo, finalmente, ritorna sui suoi livelli gestendo la squadra con calma olimpica e il giusto piglio; Mandragora non pulitissimo al tiro, ma specialmente nella ripresa tante le palle gestite in maniera eccellente dall’ex capitano della Under21. Larsen sufficiente: mette la palla del goal-vittoria a Okaka, tiene bene sulle folate di Orsolini (quando Tudor lo sposta) e alla fine appare in ripresa; più timido Sema, che comunque gioca la migliore gara in maglia friulana.

Davanti? Invocavamo due punte vere: serviti. Stefano Okaka è a mezza messa per quanto riguarda la forma fisica, ma in termini di voglia, di carattere e qualità: la rete è il fil rouge che unisce la prima esperienza udinese e questa seconda, più lunga e ‘definitiva’. Esce quando proprio non riesce più a muoversi, serbatoio che segna inequivocabilmente rosso.

Nestorovski si sbatte e lotta come un leone; sbaglia una rete (bella reazione del portiere avversario) ma gioca per due, meritandosi l’ovazione (richiesta) della curva Nord quando conquista coi denti un calcio d’angolo. La coppia con Stefano (più che con Kevin Lasagna) sembra essere la meglio assortita: vedremo cosa succederà.

Da domenica: mentre scrivo la Viola fa scempio della squadra messa in campo dal maestro di calcio ex-doriano, gioca sempre meglio e alle 12:30 al Franchi andrà in scena, forse, una bella gara.

Dico forse perché, uscendo in fretta dal campo, oggi, rimuginavo e ruminavo pensieri fra me e me.

Qual è l’Udinese, quella vera?

La copia sbiadita vista sabato scorso contro il Brescia, che non tira in porta e subisce la verve di un’avversaria (che poi farà soffrire comuque Juve e Napoli)?

L’orrido esempio al Bentegodi, dove si soffre ringraziando Musso per una parata pari ad una rete? Una gara giocata così così nel primo tempo, per nulla nella ripresa con il confusionario contributo del mister?

La bella Udinese vista contro Milan, Parma, Inter e soprattutto Bologna? Una squadra grintosa, veloce, che non molla nulla e (al netto della gara contro i parmigiani) subisce pochissimo dalle avversarie tanto che Musso appare (col Milan ed oggi) assolutamente inoperoso?

Non lo so. Ma in sette giorni si vedrà. Quando di fronte si avrà il migliore giocatore acquisito quest’anno dal campionato: non lo juventino DeLigt, ma Franck Ribery.

Una poesia, un signore dei campi che a 36 anni ancora si mette lì, lavora e cerca di migliorare. Stasera ha ricevuto palla in area, con una finta ha mandato a sedere tre avversari e, in controtempo di destro, ha infilato Donnarumma. Chapeau.ma, ad oggi, la difesa friulana è meglio di quella milanista.

Sette punti, che con Okaka in mezzo all’attacco contro il Parma sarebbero stati dieci. Il calcio è liquido, le gare giocate pochissime e i tanti giudizi tranchant inutili invettive. Godiamoci il fatto che si segna molto di più. Con buona pace di Trapattoni e figliuoli allenanti.

Appuntamento con tutti per domani, alle 18:30, sulla webradio Effe Radio dove processeremo con Stefano Pontoni la gara di oggi; alla sera, ore 20:00, canale 113 del digitale (BH TV) BH Club con Daniele Muraro, dove avremo delle sorprese per tutti voi.

Seguiteci, chiedeteci, inveite(ci): insomma partecipate.

La cosa più bella del calcio, anche oggi, è parlarne fra di noi.

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Udine stecca, Tortona in finale

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Poco da recriminare quando chi ti batte si dimostra migliore di te. Quando prendono 15 rimbalzi in più, quando in attacco si guadagnano 17 seconde occasioni e nel momento decisivo Gražulis non ne sbaglia una.

Troppi i giocatori udinesi sottotono: in particolare Teejay Cromer e Riccardo Cortese, apparsi lontani parenti dei due giocatori ‘allaround’ che hanno fatto innamorare i loro tifosi. Un combinato disposto di 2/13 al tiro pesante per i due, tante occasioni perse quando Udine avrebbe potuto tornare sotto.

La valutazione, 97 a 58, parla molto più chiaro degli 11 punti di distacco fra le due squadre; se l’OWW non è andata alla deriva dopo aver subìto un 2-17 nel secondo periodo lo deve, in gran parte, a un Gerald Beverly nota lieta della serata. Commesso il quinto fallo a tempo quasi scaduto, il ragazzo di Rochester mette a referto 25 punti, 9 rimbalzi, 3 stoppate, 11 falli subiti. Numeri da califfo del pitturato, speriamo mantenga le premesse.

Udine inizia bene, poi si scioglie quando Tortona aumenta i giri del proprio motore. Sparisce Antonutti che nel secondo tempo praticamente non gioca (probabili ragioni fisiche) ma quando gioca incide; Fabi alterna grandi cose a errori evitabili; Amato non è ispirato come al solito, Nobile impalpabile e Zilli lottatore ma con meno ‘cazzimma’ del solito.

Al netto delle valutazioni tecniche, è parsa evidente la differenza di freschezza atletica fra le due formazioni. Udine, anche mentalmente, è parsa sempre in ritardo sulle palle vaganti, ha perso la marcatura su qualche decisiva tripla (come le due di Tavernelli), ha lasciato, come detto, troppi rimbalzi offensivi all’avversaria: la quale già mi nasce forte, non avrebbe avuto bisogno di aiuto.

La palla decisiva, l’ultimo treno per casa è passato quando Udine ha avuto la palla del -6 (due volte): una volta sbaglia la tripla Cromer, un’altra Fabi assiste direttamente la curva del Palalido.

La finale, a questo punto, vedrà di fronte Bertram e Torino di coach Demis, cui facciamo complimenti per l’importante traguardo raggiunto. Vieppiù con una squadra che due mesi fa nemmeno esisteva o quasi.

Udine si accontenta della finalina, una delle cose più tristi dell’universo. Una cosa da abolire. Vediamo di chiudere con dignità un’avventura comunque bella.

Tempo di rituffarsi nella preparazione al campionato; la gara contro Roseto (squadra indecifrabile) si avvicina sempre più. Senza ritornare troppo sulle amarezze suscitate da questa sconfitta: che ci sta, dato che (almeno secondo me) Derthona arrivava come squadra favorita e lo abbiamo detto sempre. E ciò valga anche per l’esito finale del campionato.

Purtroppo il soffitto del Carnera rimarrà ancora sguarnito da vessilli di vittoria: motivo non di depressione, ma di ulteriore motivazione per lavorare duro e migliorarsi. Consci del fatto che Udine è squadra interessante, ma non può prescindere (e chi se lo può permettere?) da così tante sue pedine. Specie in attacco.

 

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Udinese terrorizzata, arriva il punticino

download(foto: fonte ANSA)

Poco da dire. Una gara dai contenuti tecnici poverissimi conferma l’asserzione di un noto portiere: ‘meglio due feriti che un morto’.

Alla fine l’Udinese strappa un punto che, a metà della ripresa, sembrava sfuggire: Musso però, eroico, decide che non basta giocare bene per meritarsi le attenzioni, bisogna togliere dalla porta una palla già urlata alla rete da tutto il Bentegodi casalingo. Stepinski non ringrazia.

Il Verona è tutto lì, ed in un diagonale di Verre fuori non di pochissimo. L’Udinese anche meno, sul piano del gioco ma con due macroscopiche occasioni che il capitano Lasagna spreca nel più inopinato dei modi.

Non lascia l’amaro in bocca la gara dimenticabile, due punti che potevano essere conquistati con un po’ di attenzione e concentrazione in più, né dà sollievo sapere che in ogni momento l’omino a difesa della porta, quello vestito diverso, concede a sé stesso ed alla squadra prestazioni notevoli (ci sarà ancora qualcuno che se ne uscirà con un bel ‘sì ma l’errore contro il Parma? Ci fosse stato l’altro portiere…’ eccetera eccetera?)

Lascia perplesso l’atteggiamento, via via più evidente, e la mancanza di un filo conduttore. Dalla prima contro il Milan fino a San Siro tutto okay; le ultime due, però, hanno denotato un passo indietro gigantesco.

E se contro il Brescia quelli bravi hanno proclamato ‘scivolone dell’intera squadra, quindi non preoccupante’, stasera alla confusione tattica si è unito il terrore.

Terrore del Verona? Non solo. Direi più però paura di sé stessi. Di tentare un passaggio, di saltare un avversario, di subìre il contropiede decisivo.

E Tudor? Capisco Okaka per Lasagna (ma perché non una punta pesante dall’inizio?), ma non Walace per Barak. Il baricentro si è abbassato, i bianchineri si sono portati ‘a casa’ (al limite dell’area) gli avversari, concedendosi un quarto d’ora d’assedio.

Poi più nulla: i gialloblu smarriscono la vena, accorciano ‘la gamba’, l’Udinese respira ma non per meriti propri. Non riescono i friulani, in mezzo al campo, nemmeno ad innescare un contropiede come quello che, a inizio ripresa, metteva Lasagna a tu per tu con Silvestri. Esito censurabile, palla nettamente fuori col difensore che ormai guardava disperato.

Più nulla: con Opoku a rinforzare la difesa al posto di uno dei due spenti laterali (Sema peggio che col Brescia, Larsen ugualmente insufficiente) la gara rotola verso il triplice fischio dell’eccellente Chiffi.

Di una gara così ci si può tenere stretti il punticino, che è pochissimo ma almeno si tampona l’emorragia di sconfitte e punti; la rete inviolata, contro un’avversaria apparsa molto meno performante di sabato sera; la speranza che da domenica pomeriggio si riveda una squadra di calcio e non un groppo, non gruppo, di pedatori modestamente impostati.

Ci sono cose che però tollero poco.

Continuare a fornire a chi segue la squadra dappertutto, sacrificando soldi famiglia tempo, anche alle sette del martedì, prestazioni scadenti e per nulla ispirate: e sono cinque. Anni, non partite.

Continuare a temere e subire, seppur per sprazzi di gioco, da formazioni modeste e per nulla superiori; per andare a comandare su certi campi non serve avere Cristiano Ronaldo, basta un pochino di piglio.

Continuare imperterriti ed atarassici a considerare tutto assolutamente normale. Non è normale. Me ne sbatto dell’estensione o meno del bacino d’utenza e del passato remoto. Diamo a questa gente un po’ di calcio.

Dicunt/narrant (presente storico) che dopo una sconfitta (1991, si era in B), l’allora Paròn portò Mattei, Nappi e soci nella sua fabbrica dove, battendo una barra di metallo su un bancone, indicò ai pedatori i suoi operai, esempio di dedizione e capacità.

Ecco: siamo fuori tempo, vent’anni dopo, per una reazione del genere. Verò è comunque, amici miei in bianco e nero, che qualcuno dovrebbe spiegare a tecnico e giocatori che il peso della maglia a strisce biacca e carbone; lungi dall’essere una pressione (ma quale?), dovrebbe invece rappresentare un piacere, uno sprone. E non uso a posta un altro termine abusato da certa politica attuale.

Ecco: siamo fuori tempo forse noi, che ci aspettiamo calcio giocato, se non proprio bailado. Non chiedo Zico, Surjak, Di Natale, Amoroso o Bierhoff: mi basterebbe molto, molto meno. Il gioco del calcio messo in pratica in maniera anche didascalica.

Mi basterebbe un’Udinese che gonfia il petto di fronte alla propria curva.

Non quindici ragazzi terrorizzati, col dovuto rispetto, dall’Hellas Verona neopromosso e dalle proprie ragnatele negli angoli.

E domenica arriva Sinisa: ecco, anche loro sono fuori tempo rispetto a noi. Hanno trasformato una difficoltà in forza, coesione e motivazione di un gruppo già più forte del nostro. Lì il terrore porterebbe un solo risultato.

E non ci voglio nemmeno pensare.

Giocate. Al. Calcio.

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uno sprofondo in bianco e nero

1504432953201 Si può rimanere ancora delusi (quinto anno di fila) per una non-prestazione?

Può, l’Udinese, decidere di rimanere quasi spettatrice mentre al Friuli, per la seconda gara di fila passa una diretta concorrente alla salvezza?

Può, l’allenatore, scegliere in casa una squadra che offenda solo mediante una seconda punta, una punta-non-punta in una gara da vincere o vincere?

Le risposte, dopo oggi pomeriggio, sono tutte ‘sì’.

Il Brescia si mette in campo con ordine, dura il giusto, mette a frutto un super playmaker come Tonali ed un sospiro da venti metri deviato in porta da De Maio, alla peggiore gara in bianconero. Poi Corini, giustamente, gongola per la prestazione dei suoi ragazzi: definire questa, però, una squadra che gioca bene penso sia l’eccesso dovuto all’entusiasmo per la vittoria.

Bravo il Brescia: viene a Udine, svolge diligentemente il compitino, rischia pochissimo; quando Tudor infittisce l’attacco (ormai a gara compromessa) si dispone a cinque, in difesa, lasciando agli avversari le briciole offensive e mai un’azione chiara da goal. Così si gioca per vincere in trasferta, altroché fronzoli e colpi di tacco.

Un apprezzato commentatore locale sostiene che oggi, avendo giocato male tutti, la prestazione non è preoccupante; né, in questa devastante recita, si debbono scorgere errori del tecnico dalmata.

Sicuro?

Io no. Non sono un allenatore ma solo una testa di calcio, per cui capisco il giusto di meccaniche tecniche, di diagonali e pressing: capisco però di uomini.

E penso che Seko Fofana, in queste condizioni, non dev’essere schierato, messo in bocca alla critica più aspra per l’ennesimo quattremmezzo in pagella (da parte del severo censore che Vi scrive).

E penso che il centrocampo con Jajalo e Mandragora è quello che di più aveva garantito equilibrio alla squadra, permettendo alla difesa di respirare rischiando pochissimo. Un triangolo con Walace sarà meno propositivo di uno con Fofana, ma di certo più solido e affidabile. Prova ne sia che da quando Tudor ha deciso il cambio di genere, dal dativo all’accusativo, la squadra ha accusato due bussate dal Parma, uno dall’Inter ed uno oggi. Zero punti, poco da fare, i numeri ci parlano.

E penso che costringere una punta di raccordo e sostegno come Lasagna a cantare e portare la croce lì davanti, facendo fare bella figura a due carneadi (non due fenomeni) come Cistana e Chancellor, reduci dalle quattro palle nel sacco subìte dal Bologna, sia ingiusto e crudele. Kevin lotta, al solito, scende in difesa ma non riesce mai a essere ficcante. E ciò non è strano: meglio, per lui, avere un uomo di peso cui girare intorno.

E non penso di sapere cosa passi per la testa, non charrua ma depressa, di Nacho Pussetto. Era l’irad’Iddio che creava scompiglio, si lanciava imprendibile, segnava anche di testa; oggi è un sospiro nello spazio, ed oggi al netto dell’episodio del rigore-non-rigore e di un crossetto al centro è lecito pensare che la testa bassa con cui ha lasciato il campo è giustificata delusione per un’altra prestazione sconfortante.

E non penso di capire cosa passi per la testa di Igor Tudor. Non è un pirla, lo ha dimostrato chiaramente contro il Milan: da lì in poi formazioni strane, non arrivo a dire illogiche; cambi tardivi, un bel po’ di confusione.

E la tranquillità che ostenta nella breve e ritardata discesa in sala stampa post-partita è solo testimonianza degli strali che debbono essere partiti dagli occhi di Zeus-Igor in spogliatoio; unica speranza in vista della trasferta di Verona.

Bentegodi che sarà ancor più campo decisivo, martedì sera, quando all’Udinese capiterà una squadra che oggi ha fatto vedere sorci verdi ad una modesta edizione juventina. In crescita gli scaligeri, nero l’orizzonte friulano.

Detta così sembra martirio annunciato: ma non sarà così. Perché c’è ancora qualcosa che sfugge nell’analisi di questa squadra, e la sottile linea bianconera fra team e tifoseria non può essere il solito negativo mantra che parla di squadra scarsa.

Lo so, sono un calcistico ottimista; non ci posso fare nulla. Anche se, come oggi, rientro dallo stadio con la gola che fa male per gli urlacci che i ragazzacci mi hanno cavato fuori dalle stanche, vecchie corde vocali.

Impalpabile Udinese. Che perde, oggi, e non mi permette nemmeno di attaccarmi a sfortuna, antipatie, torti arbitrali.

Perso e basta. Classifica ormai da codice rosso. Urgono punti: soprattutto urge una squadra che metta in campo qualcosa di più.

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L.N.P: Supercoppa: A.P.U. fa 4 su 4 e vola a Milano

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Sapete come la pensiamo sulla Supercoppa, per cui passiamo oltre.

Cogliamo però fior da fiore.

Se Udine vince perché mette a referto otto giocatori di cui sette in doppia cifra; se domina un’avversaria di valore riconosciuto, in trasferta e senza batter ciglio; se dieci punti finali pare un divario generoso per i domestici; se non subisce in alcun modo l’uscita per falli dei due americani, dettaglio di uno scenario dove si vede fischiare 27 falli contro: beh, allora questa, a prescindere da dove si arriverà, è una squadra.

Una bella squadra.

In cui si fa fatica a individuare MVP: certo un Andrea Amato così non era nelle idee del più ottimista dei tifosi; nella giornata in cui Cromer diventa umano, ci pensa Beverly ad intimidire gente ben più alta (come Benvenuti) schiacciandogli in faccia quattro, cinque volte; l’inizio del Cigno di Colloredo è roba da showtime.

Dove Fabi difende come non ci fosse un domani e all’occasione realizza da fuori come ai tempi di Latina; Zilli si dimostra leone indomito strappando rimbalzi e convertendoli; Nobile è bravo ed utile in difesa in una giornata dove non si sente terminale offensivo.

Lascio per ultimo il capitano: commentavo con un collega che Riki deve stare bene e sentirsi amato; oggi è rientrato dopo tanto tempo e tanti contrattempi (al netto di un paio di spezzoni contro la Reyer a Lignano) in forma quantomeno accettabile; mette due triple fondamentali, gioca bene sotto il proprio canestro quando gli viene richiesta difesa dura, insomma Cortese pare recuperato alla causa.

Udine segna quasi trenta punti della media subìta dai biancorossi sinora, con percentuali sopra il 50% da ogni posizione; come detto, distribuisce i canestri fra tutti gli effettivi (o quasi) disorientando il coach di Forlì, che non trova adeguate contromisure e perde nettamente la sfida contro Alessandro Ramagli.

Il quale, dal suo cantuccio, le indovina tutte (o quasi), dimostrando che la sua scelta può diventare pietra d’angolo per il nuovo progetto del basket udinese.

Difficoltà? Siamo in preseason e sì, ce ne sono. Udine soffre i ribaltamenti di lato, graziata dalle polveri bagnate avversarie in diverse occasioni. Certe volte si addormenta sotto la propria plancia lasciando seconde occasioni a Benvenuti e Rush, che la puniscono: ma contro la A.P.U. di oggi ciò riesce solo a lenire la ferita di un divario apparso netto.

Lo so, siamo incontentabili e lo sappiamo. Inclusa la direzione arbitrale. Cosa ci piacerebbe vedere? Semplicemente una presenza impalpabile dei tre arancioni, che dovrebbero però dirigere con univoco metro sotto i due canestri. Invece ai vecchi marpioni, Verona come Forlì, viene concesso qualcosa di troppo sia in fase difensiva che offensiva. Invochiamo per loro la scusa della preparazione ‘in fieri’, certo che oggi Morassutti di Monfalcone e soci devono spiegarmi come mai la squadra che difendeva più duramente ha ottenuto 27 falli a favore e soli 18 fischiati contro…

Inezie: per due quarti è stata una bella partita di basket. Poi Forlì ha cercato di buttare cuore oltre l’ostacolo (tecnicamente oggi non vi era partita) e la gara è diventata meno godibile. Al netto, ovviamente, di alcune azioni d’attacco (specialmente bianconere, non me ne vorranno i tifosi romagnoli) concluse in maniera notevole.

Si vola a Milano, al Palalido che oggi si chiama ‘cloud’ dove venerdì, alle 21, Udine incontra Tortona per conquistarsi la finale, ed allungare la striscia di vittorie contro pari grado che, in questa preseason, dice ancora 100%. E tre gare sono state disputate in trasferta (regolamento difficilmente spiegabile).

A proposito: si giocava a Forlì, ma per lunghi tratti l’audio sembrava dire il contrario. Ammirevoli le ugole del Settore D al seguito, che hanno spesso sopravanzato quelle locali. Bravi anche loro.

Brava, A.P.U.: sono solo amichevoli ma vincerle fa sempre un bel po’ di piacere.

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